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Digita una parola chiave, ad esempio, "causa di servizio"

Ricorso alla Corte dei Conti del personale in servizio. Come giudici ed avvocati hanno cambiato le cose

L'avv. Guerra ripercorre le battaglie legali che hanno permesso anche al personale in servizio di ricorrere alla Corte dei Conti contro la decreto di NO dipendenza

Signor Presidente,
sono trascorsi velocemente ventidue anni dalla istituzione di questa splendida Sezione Giurisdizionale e come sempre ho l’onore e il piacere di porgere anche a nome dei Colleghi dell’Associazione Nazionale degli avvocati difensori dinanzi alla Corte dei conti, un saluto beneaugurante a Lei, al Signor Procuratore Regionale, ai Magistrati, alle Autorità Religiose e Civili intervenute e a tutti i partecipanti.
Non posso che confermare, come ogni anno, il tributo di riconoscenza e di apprezzamento nei confronti della Sezione e il pubblico ringraziamento a tutto il personale amministrativo.

Quest’anno, prendendo spunto da un passaggio della Sua relazione, ritengo doveroso soffermarmi sui giudizi promossi dinanzi alla Corte dei conti dal personale del comparto Difesa, Sicurezza e Soccorso pubblico ancora in attività, aventi ad oggetto l’accertamento della dipendenza da causa di servizio di infermità e lesioni quale presupposto della successiva domanda di pensione privilegiata.

Qualcuno dei presenti ricorderà il convegno che il nostro Studio organizzò nel 2009 a Roma, in Palazzo Colonna, con il patrocinio dell’Università La Sapienza sul tema della “causa di servizio” e sulla effettività della tutela giurisdizionale.

In quel convegno, al quale parteciparono anche molti Magistrati e avvocati del libero foro, si dibatté sulla giurisdizione e sull’ammissibilità del ricorso alla Corte dei conti da parte del personale in attività di servizio per l’annullamento del decreto negativo di dipendenza di infermità e lesioni in quanto atto definitivamente negativo del diritto a pensione privilegiata ancorché non ancora richiesta.

Infatti, ai sensi dell’art. 12 del d.P.R. 461/2001, intitolato “unicità d’accertamento”, “il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità e lesione costituisce accertamento definitivo anche in ipotesi di successiva richiesta di equo indennizzo e di trattamento pensionistico privilegiato”.

Si valutarono gli effetti della nuova normativa su entrambi i fronti, distinguendo quello indennitario e comunque afferente ad ogni beneficio lavorativo (di competenza del TAR), da quello prettamente pensionistico (di competenza della Corte dei conti), indipendentemente dallo status del ricorrente: in servizio o in congedo.

I lavori si conclusero con l’ammissibilità del ricorso alla Corte dei conti a tutela del personale in servizio “per la riforma del provvedimento negativo della causa di servizio quale presupposto del diritto a pensione privilegiata” unico “petitum” sostanziale da far valere in giudizio.

Albert Einstein una volta scrisse:
“Non si può pretendere che le cose cambino, se noi per primi continuiamo a fare le stesse cose”. 

Non bisogna essere scienziati per condividere queste parole.
Anche i giuristi devono essere costantemente innovativi e al passo coi tempi. 
Ancor più gli avvocati che, come diceva il Calamandrei, “sono le antenne dei Giudici”.

Ed è ormai ben noto che per effetto dell’art. 12 del d.P.R. 461/2001, una volta negata la dipendenza da causa di servizio di infermità e lesioni, venga per legge automaticamente rigettata anche la successiva domanda di equo indennizzo e quella di pensione privilegiata.
Con una sola pronuncia amministrativa, insomma, si annullano più diritti con effetto immediato e definitivo.

Allora il dipendente non ha altro rimedio che ricorrere al Giudice. Ma in quali termini e a quale Giudice?

Poiché l’atto spiega immediatamente i suoi effetti negativi anche ai fini della successiva domanda di pensione privilegiata (materia di esclusiva competenza giurisdizionale della Corte dei conti), si è sostenuto che nulla vieti all’interessato di gravarlo da subito di fronte alla predetta Corte anche se si trovi ancora in servizio.

É certo che i plurimi effetti derivanti dal provvedimento emesso sulla base del novellato procedimento del d.P.R. 461/2001, hanno messo in crisi il sistema.

Ma è qui che viene la parte più interessante del pensiero di Einstein:
“La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. Senza crisi non ci sono sfide. É nella crisi che emerge il meglio di ognuno”.
Nei momenti di difficoltà, cioè, non bisogna arrendersi ma bisogna aguzzare l’ingegno per risolvere i problemi.

Il decreto con cui si riconosca o neghi la dipendenza da causa di servizio emesso a seguito del procedimento del d.P.R. 461/2001 è, infatti, un atto amministrativo unico e vincolante anche ai fini della successiva domanda di equo indennizzo e di pensione privilegiata.

É evidente, quindi, che si tratti di un atto amministrativo definitivo complesso che esplica i suoi effetti su più fronti: 

  • quello indennitario e lavorativo di competenza del TAR
  • quello pensionistico di competenza della Corte dei conti

Se il provvedimento è concessivo, nulla quaestio, spetta automaticamente, a richiesta, anche l’equo indennizzo e la pensione privilegiata, nel rispetto, ovviamente, di altre condizioni.
Ma se è negativo perché ricorrere al TAR (giudice dell’atto con i suoi limitati poteri) e non alla Corte dei conti (giudice del rapporto), se si vuole impugnare l’atto stesso quale presupposto negativo del diritto a successivo trattamento di privilegio?


Il dipendente ha, infatti, interesse attuale e concreto alla riforma del provvedimento negativo di dipendenza che per legge gli nega anche il diritto alla pensione privilegiata.

Dopo l’intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che ha confermato l’esclusiva competenza giurisdizionale della Corte dei conti ai fini pensionistici anche nei confronti del personale in servizio “non potendosi negare al personale in servizio tale tutela” (in quanto incidente sul suo diritto a futura pensione privilegiata, come leggesi nell’ordinanza n. 4325/2014), e dopo l’iniziale titubanza di alcuni giudici territoriali della Corte dei conti, oggi tutte le Sezioni d’Appello della Corte stessa, con sentenze del 2015 e del 2016, hanno affermato e confermato l’ammissibilità del ricorso medesimo sia perché si impugna un provvedimento negativo già emesso (ex art. 71, R.D. 1038/33) sia perché non può negarsi l’interesse concreto ed attuale del ricorrente alla sua impugnativa anche ai sensi dell’art. 67 del T.U. 1092/73.

Non solo.

Secondo le Sezioni d’Appello, e i Giudici Territoriali che si sono subito allineati, l’interesse del ricorrente è ancor più rafforzato dalla considerazione, non certamente metagiuridica, che una tutela giurisdizionale è tanto più efficace quanto più tempestiva è l’azione essendo connessa a verifiche istruttorie tecnico valutative che si presentano a volte non di facile soluzione per la rarefazione documentale e probatoria conseguente al passare del tempo.

É fisiologico che all’inizio vi sia stato un contrasto giurisprudenziale tra Giudici Territoriali della Corte dei conti, prima sulla giurisdizione e poi sull’ammissibilità dei ricorsi, ma tale contrasto deve ormai ritenersi superato dalla concorde giurisprudenza d’Appello della Corte dei conti a favore dell’ammissibilità del ricorso.

In “Elogio dei giudici. Scritto da un avvocato” di Piero Calamandrei, si legge: “Per trovare giustizia bisogna esserle fedeli: essa come tutte le divinità, si manifesta soltanto a chi ci crede”.

Vada, quindi, ancora una volta, il doveroso ringraziamento alla Magistratura e nella specifica materia alla Magistratura Contabile, che, come in passato e per tanti altri diritti incerti, è riuscita a dare alle disposizioni di legge una lettura costituzionalmente orientata nel rispetto dei principi e diritti fondamentali.

E noi avvocati, se abbiamo contribuito in sinergia e cultura giuridica alla risoluzione anche di quest’ultima problematica, non possiamo che esserne orgogliosi.

Questa è indubbiamente una svolta epocale che garantisce effettività di tutela giurisdizionale a tutto il personale del Comparto Difesa, Sicurezza e Soccorso Pubblico cui non può non andare anche il doveroso tributo di riconoscenza da parte della Collettività per il prezioso e insostituibile lavoro che svolge, il più delle volte oltre i normali compiti istituzionali, al di sopra delle proprie forze fisiche e in condizioni ambientali e operative veramente difficili e impegnative.

Grazie Presidente e buon lavoro.