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Vittime del dovere ed equiparati: Vittoria! Finalmente la sentenza della Cassazione tanto attesa

berretti forze armate
Data di pubblicazione
17 Novembre 2016

Di Maurizio Guerra

 

16 novembre 2016 ore 10. Sono a Perugia e sto per entrare in Tribunale, quando ricevo una telefonata. Sul display del mio cellulare appare avv. Andrea Bava. Rispondo. Dall’altra parte una risata e un grido: “Mauri, abbiamo vinto! La Corte di Cassazione a Sezioni Unite ci ha dato ragione e confermato la competenza del Giudice Ordinario Sezione Lavoro per il contenzioso delle vittime del dovere e gli equiparati”.

In quel momento la mia gioia è incontenibile e urlo un “Evvai!” attirando inevitabilmente l’attenzione dei presenti, ai quali vorrei regalare uno dei famosi “baci” della loro città.

Forse solo chi ha vissuto da anni, come me e il Collega, l’annosa questione della giurisdizione per questo tipo di contenzioso può immediatamente apprezzare il grande risultato ottenuto.

La giurisprudenza era divisa; da una parte c’erano giudici convinti che a decidere il contenzioso per le vittime del dovere e gli equiparati competesse alla Giustizia Amministrativa (Tar e Consiglio di Stato) e dall’altra, quelli che, sollecitati da pochi “coraggiosi” avvocati, affermavano la competenza del Giudice ordinario della Sezione lavoro.

In questi anni, dunque, prima ancora di discutere sul diritto ai benefici, abbiamo dovuto lottare per affermare la competenza giurisdizionale del Giudice del Lavoro. Una lotta senza risparmio, in cui l’Avvocatura, costituendosi in difesa per i Ministeri, ha resistito con le unghie e con i denti, considerati i favorevoli risultati ottenuti dinanzi al TAR, decisamente orientato a una lettura, a dir poco, più restrittiva della speciale normativa. In questo modo noi avvocati siamo stati costretti ad approfondire sempre più la tematica per trovare soluzioni ben argomentate in diritto da fornire ai giudici. Giudici, va riconosciuto, che nella stragrande maggioranza, sia in primo grado che in appello, si sono mostrati attenti, senza farsi influenzare dalle difese della Parte Pubblica, affrontando con passione la delicata questione di giurisdizione. E oggi, alla luce della recente decisione delle Sezioni Unite della Cassazione, confermativa di precedenti orientamenti, anche loro possono dire: avevamo ragione!

Dei vantaggi di questo risultato ne potranno beneficiare tutti coloro che vogliono far accertare giudizialmente il loro diritto ai benefici assistenziali, quali vittime del dovere o equiparati. Si potranno impugnare i decreti negativi anche a distanza di anni dalla loro notifica, contrariamente al Tar a cui si può ricorrere al massimo entro 60 giorni. Non solo. A differenza del Tar, che accerta unicamente l’illegittimità degli atti, davanti al Tribunale ordinario si può chiedere al Giudice del Lavoro di riesaminare i fatti di servizio e le invalidità, accertarne il collegamento con le particolari condizioni ambientali e operative, e farle quantificare percentualmente ai fini dell’erogazione dei conseguenti benefici. Il tutto, con la garanzia di tre gradi di giudizio e con sentenze che, se favorevoli, riconosceranno subito la qualifica di vittima e il conseguente diritto ai benefici. Insomma, anche il personale appartenente al Comparto Difesa, Sicurezza e Soccorso Pubblico d’ora in poi avrà pacificamente la possibilità di intraprendere il contenzioso giudiziario davanti al Giudice del Lavoro, con la garanzia del contraddittorio pieno tra le parti, poste in posizione di assoluta parità.

E allora colgo l’occasione per complimentarmi anche pubblicamente con il Collega Bava, con cui ho avuto modo di confrontarmi più volte sulla questione e con cui ho condiviso ansia, tensione e speranza per i risultati finali, essendo stati chiamati entrambi a discutere la questione di giurisdizione dinanzi alle Sezioni Unite della Cassazione alternandoci alle pubbliche udienze (lui a settembre e novembre e io a ottobre), con la consapevolezza che le decisioni, inevitabilmente, avrebbero tracciato il futuro del contenzioso.

Mi piace allora condividere con tutti voi lo spirito di collaborazione e solidarietà che si è creato nel tempo; mettendo da parte i naturali interessi particolaristici che ogni professionista deve avere, dinanzi al problema comune abbiamo fatto squadra, scambiandoci idee, impressioni, sentenze e suggerimenti, ben consci delle responsabilità che la nostra attività ci aveva chiamato ad affrontare.

E il risultato finale ci ha premiato, a dimostrazione, ancora una volta, che in ogni campo della vita, stando uniti e collaborando si possono raggiungere risultati apparentemente impossibili.