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«Il carabiniere lo si conosce solamente quando muore». Ricordo del Maresciallo Felice Maritano

Felice Maritano

La frase riportata nel titolo è dell'allora Colonnello dei Carabinieri Giuseppe Franciosa, pronunciata ricordando il Maresciallo Maggiore Felice Maritano dopo la sua scomparsa avvenuta per mano del terrorismo delle Brigate Rosse.

Data di pubblicazione
12 Ottobre 2017

La frase riportata nel titolo è dell’allora Colonnello dei Carabinieri Giuseppe Franciosa, pronunciata ricordando il Maresciallo Maggiore Felice Maritano dopo la sua scomparsa avvenuta per mano del terrorismo delle Brigate Rosse. Per la gente comune, la divisa di un servitore dello Stato è quasi sempre anonima, anonima fino a quando un fatto eclatante, e purtroppo il più delle volte tragico, ricorda loro che quella divisa ha un grado, un nome e una famiglia. Per la gente comune è così, ma non per i colleghi che lavorando fianco a fianco si conoscono bene e, come nel caso del Maresciallo Maritano, ne riconoscono il valore perché considerato “uno degli uomini più validi sui quali l’Arma potesse contare”.

 

Nato a Giaverno (TO) nel 1919, Felice Maritano partecipa alla guerra dei Balcani nelle file dell’Arma dove gli furono conferite diverse onorificenze, tra cui la promozione sul campo ad Appuntato ed una Croce di Guerra al valor militare. Dopo l’8 Settembre, viene internato in Germania fino alla termine del secondo conflitto mondiale.

Ripercorriamo qualche momento della vita del maresciallo Maritano grazie anche all’articolo di Max Remondino sul Nucleo Investigativo contro il terrorismo pubblicato su Il Carabiniere,  e ricordiamo qualche evento accaduto dopo sua la scomparsa.

Il nucleo investigativo

Carlo Alberto dalla Chiesa

Arrivato al termine della sua lunga carriera nelle file della Benemerita, anziché andare in pensione, scelse di rimanere in servizio per lavorare nel Nucleo Investigativo creato dal Generale Carlo Alberto dalla Chiesa per la lotta al terrorismo. “Maritano fornì un contributo decisivo nei primi successi del Nucleo stesso, che condussero all’arresto dei terroristi Carnelutti e Sabatino (e alla disfatta della colonna lodigiana delle Brigate Rosse), poi all’individuazione del covo nel quale si nascondevano Renato Curcio e Alberto Franceschini (e al loro arresto), e infine all’operazione contro la base brigatista di Robbiano di Mediglia, nei pressi di Milano (15 ottobre 1974)”.

Robbiano di Medaglia

“Al momento di far scattare l’operazione a Robbiano, il Nucleo speciale aveva già al suo attivo un bilancio rispettabile per la sua breve esistenza operativa: 34 arresti; 43 denunzie; 193 perquisizioni domiciliari; 160 accertamenti bancari; 93 sopralluoghi; 456 rilievi fotografici; 1.050 informazioni richieste. Un segno del dinamismo del generale Dalla Chiesa e dell’impegno dei suoi uomini. Quando i Carabinieri arrivarono a Robbiano, il covo era vuoto. Alcuni militi si nascosero all’interno dell’appartamento.

 

L’allora colonnello Franciosa descrisse così quell’operazione in una intervista: «Maritano non faceva questione di turni: rimaneva in piedi tutta la notte. Era l’unico di tutto il nucleo che non aveva fatto alcun giorno di licenza, diceva che l’avrebbe fatta quando sarebbe finita questa storia. All’interno dell’appartamento erano al buio, ma nelle scale c’era la luce». Era evidente che i carabinieri si erano predisposti ad aspettare a oltranza il ritorno dei brigatisti, «tanto è vero che gli uomini in attesa nell’atrio della casa si erano organizzati con una piccola stufetta elettrica che avevano trovato nella stessa casa: anzi, scherzando, dicevano che la bolletta della luce l’avrebbero pagata i brigatisti. Maritano era un uomo di 56 anni in compagnia di altri sottufficiali che avevano 25-26 anni e li teneva svegli per il semplice fatto che lui era sveglio. Era un po’ per tutto il reparto un simbolo, non perché aveva i capelli grigi, ma perché aveva la vivacità e l’entusiasmo spesso non riscontrabili in un giovane». Maritano era anziano, ma era «fisicamente efficientissimo, tanto efficiente che nell’inseguimento ha superato gli altri due molto più giovani di lui».


“Nell’appartamento fu trovato materiale investigativo di notevole interesse (tra cui mitra e pistole utili all’identificazione dei terroristi implicati nel rapimento del giudice Sossi), esplosivi e munizioni. Fu anche rinvenuta un’agenda di Sossi, un documento Br firmato da Sossi. Nel covo uno Sten, due mitra, un moschetto, un revolver, una carabina, tre bombe a mano tedesche (le Stielhandgranaten), numerosi silenziatori, decine di metri di miccia e molti documenti falsi (passaporti, carte d’identità, eccetera). I tre brigatisti arrivarono uno alla volta. Alle 13 e alle 21,30 due di essi, armati di pistola con il colpo in canna (calibro 7,65 mm), furono arrestati.

Non avendo partecipato alla cattura del primo brigatista, Pietro Bassi, il maresciallo Maritano ottenne di partecipare ai turni di piantonamento successivi ed insistette per rimanere perché non voleva lasciare soli i colleghi più giovani nei momenti più rischiosi. Vista la sua esperienza, la richiesta fu accettata. Alle 21,30 partecipò alla cattura di Piero Bertolazzi, che tentò di estrarre una 7,65, ma fu bloccato dai militi. Alle 3,20, dopo un breve riposo nella branda del covo, uno scalpiccio sulla tromba delle scale mise in allarme i carabinieri (con Maritanoerano di turno i brigadieri Calapai e Furno). Quello che successivamente fu identificato come il brigatista Roberto Ognibene si trovò a pochi metri da loro. Maritano intimò «Alt, Carabinieri!», ma Ognibene si dette alla fuga lungo la tromba delle scale, inseguito dai tre militi. Il silenzio della notte fu lacerato dai colpi della Smith & Wesson calibro 38 special del terrorista. I colpi raggiunsero il maresciallo, che però non si diede per vinto. Scostò Calapai per sparare contro il brigatista, lanciandosi al suo inseguimento. Continuò a sparare con la mano sporca di sangue appoggiandosi alla parete, finché quattro colpi neutralizzarono il brigatista. I due arrivarono al piano terra. Ognibene stramazzò al suolo e Maritano gli si accasciò vicino, come se volesse controllarlo. Quasi esanime, esortò ancora i due sottufficiali a catturare il brigatista. Morì durante il trasporto all’ospedale”. 

La commozione del paese

Cerimonia funebre Maritano

Genova, 19 ottobre 1974. Cerimonia funebre del Maresciallo Maggiore Felice Maritano. Immagine tratta dal Notiziario Storico dell’Arma dei Carabinieri, anno I numero 6.

 

“La morte del valoroso maresciallo destò una profonda emozione anche nell’Italia indurita dall’asprezza della lotta politica. A parte tutte le manifestazioni ufficiali di cordoglio, giunsero al Comando Generale numerose testimonianze di solidarietà e di fiducia. Ma il clima non si allentò neppure durante i funerali. La notte precedente arrivarono telefonate minatorie che annunciavano nuove azioni durante le esequie. Scritte minacciose furono tracciate sui muri della chiesa e nelle vie adiacenti. In risposta a queste intimidazioni, all’uscita del feretro dalla chiesa tutte le sirene del porto di Genova suonarono. Lo Stato fu presente: al funerale, in prima fila c’erano Sandro Pertini, presidente della Camera, e Paolo Emilio Taviani, ministro degli Interni. Maritano viveva a Rivarolo e fu sepolto lì. Gli abitanti ricordano ancora la sua eccellente conoscenza della zona ed il fatto che lui cercava di aiutare la gente in difficoltà e di comporre le liti. Non si tirava indietro nel lavoro e non guardava di che partito si fosse: «Basta che siano persone oneste, per me sono tutte uguali», diceva. «Il carabiniere lo si conosce solamente quando muore», commentò il colonnello Franciosa.”

 

Dopo la scomparsa

Motivazione Medaglia d’Oro al Valor Militare
Motivazione Medaglia d’Oro al Valor Militare.

Per la sua azione a Robbiano di Mediglia, ma anche per tutta una vita votata alla legalità, il Maresciallo Maggiore Felice Maritano venne insignito alla memoria con la Medaglia d’Oro al Valor Militare con la seguente motivazione:

Già più volte decorato al valor militare e dieci volte solennemente encomiato per brillanti e rischiose operazioni di polizia giudiziaria, chiamato – su sua reiterata richiesta – a far parte di un nucleo speciale di Polizia Giudiziaria per la lotta contro il terrorismo, si distingueva -per intelligente capacità professionale e per coraggiosa dedizione al dovere – in una serie di azioni che conducevano fra l’altro a disarticolare una organizzazione eversiva, da tempo costituitasi per colpire e sovvertire le istituzioni dello Stato, ed a catturarne taluni pericolosi esponenti. Da ultimo, offerto si volontario per capeggiare rischioso appiattamento notturno presso una base operativa della banda armata, riusciva ad intercettare uno dei banditi, che affrontava con determinazione e cosciente sprezzo del pericolo, anteponendo la propria persona a quella dei dipendenti. Benché colpito gravemente al petto dal fuoco del malvivente, persisteva nella sua decisa reazione, sino a ferire l’aggressore e – ormai morente – ad incitare i suoi uomini a catturarlo. Decedeva poco dopo, immolando in difesa della legge la sua esistenza e lasciando ai posteri un fulgido esempio di elette virtù militari e di esaltante dedizione al dovere.

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Scuola Marescialli e Brigadieri dei Carabinieri alla caserma Maritano.

Il 24 settembre 2016 viene inaugurata a Firenze la nuova sede della Scuola Marescialli e Brigadieri dei Carabinieri con intitolazione della caserma al Maresciallo Maggiore M.O.V.M. “alla memoria” Felice Maritano.  Davanti a 600 allievi carabinieri schierati, l’evento viene accompagnato dalla presenza del Presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi, del Ministro della Difesa Roberta Pinotti, del Capo di Stato Maggiore della Difesa Claudio Graziano, del Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri Tullio Del Sette e del Sindaco di Firenze Dario Nardella.

All’interno dell’imponente complesso, è stata installata una targa in marmo e acciaio che riporta le motivazioni per le quali Felice Maritano è stato insignito di medaglia d’oro al valor militare.

Felice Maritano è stato insignito inoltre di una Medaglia d’Oro al Valor Civile con la seguente motivazione:

Impegnato da vari mesi nelle difficili indagini dirette ad assicurare alla giustizia i componenti di un nucleo armato della banda criminale denominata “Brigate rosse”, partecipava, con ripetuti appostamenti, alla cattura di due terroristi. Non concedendosi alcun attimo di riposo, riusciva poi a intercettare un terzo componente della banda, che lo faceva segno a colpi di pistola. Benché mortalmente ferito rispondeva ferendo il malvivente con la sua arma, lo inseguiva, consentendone l’arresto. Cadeva al suolo e sacrificava la vita con eroismo e cosciente sprezzo del pericolo.


Brani tratti da: Il Nucleo Investigativo contro il Terrorismo“, di Max Remondino, pubblicato su  Il Carabiniere nel numero di Febbraio 2014.