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Giuseppe Costanza: anni di battaglie legali per vedere riconosciuti i propri diritti dallo Stato

Giuseppe Costanza
Data di pubblicazione
22 Giugno 2017

Autista di Giovanni Falcone negli ultimi otto anni di vita del magistrato, dal 1984 fino a quel giorno a Capaci. Poi un muro di silenzio e l’emarginazione di anni, fino al riconoscimento della sua figura di testimone civile e dei propri diritti pensionistici di vittima del terrorismo.

La strage di Capaci è stato uno degli esempi più eclatanti della disparità di trattamento tra vittime di uno stesso evento lesivo: nonostante siano state tutte “Vittime di mafia”, solo alcune sono state riconosciute “Vittime del terrorismo” mentre per altre, il riconoscimento si è fermato a “Vittima della criminalità organizzata”.

Non si tratta solo di una differenza terminologica, considerato che solo ai familiari di “Vittime del terrorismo”, sopravvissute con invalidità almeno del 50%, sono concessi, a ognuno di essi, assegni per circa 1.900 euro al mese. Per non dire poi dei benefici pensionistici, come l’aumento figurativo di dieci anni di anzianità contributiva e pensione pari all’ultima retribuzione, incrementata del 7,5%, se l’invalidità permanente della vittima risulti almeno pari all’80% ovvero non inferiore al 25% con prosecuzione dell’attività lavorativa fino al naturale periodo di pensionamento.

Giuseppe Costanza, autista del giudice Giovanni Falcone, è stato un esempio di questo diverso trattamento. Nonostante fosse stato riconosciuto sin da subito “Vittima del terrorismo”, ha avuto per anni liquidata erroneamente la pensione: è dovuto ricorrere all’intervento del Giudice per vedersi applicata la normativa come da suo diritto.

La vicenda di Costanza non è purtroppo un caso isolato: anomalie analoghe le abbiamo riscontrate soprattutto negli eventi in cui sono rimasti invalidi gli appartenenti al Comparto Difesa e Sicurezza, dichiarati il più delle volte “Vittime della criminalità organizzata” se non “Vittime del dovere”, quando, invece, per le modalità di esecuzione dell’attività criminale, avrebbero meritato di essere dichiarati “Vittime del terrorismo”.

Chi è Giuseppe Costanza

Giuseppe Costanza aveva 45 anni quando, dipendente civile del Ministero di Grazia e Giustizia, rimase coinvolto nella strage di Capaci, nella quale persero la vita il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta: Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani. Costanza, pur viaggiando in auto con Falcone, si salvò insieme ai tre uomini della scorta che erano a bordo della terza Croma blindata: Paolo Capuzza, Gaspare Cervello e Angelo Corbo.

 

Un anno dopo la strage di Capaci rientrò in servizio alla Procura di Palermo, ma non sapevano cosa farsene di un sopravvissuto. Così lo retrocessero a commesso, poi dopo le sue proteste gli restituirono il quarto livello, ma di fatto era nullafacente. Per anni non è mai stato invitato alle celebrazioni del 23 maggio 1992, né è mai stato citato il suo nome.

Oggi Giuseppe Costanza è un testimone di quella tragedia che gira l’Italia per raccontare nelle scuole la sua esperienza di uomo di fiducia del giudice e di cittadino. Ha finalmente ottenuto quello che gli spettava di diritto e che con ostinata caparbietà non ha mai smesso di chiedere.