Salta al contenuto principale
Digita una parola chiave, ad esempio, "causa di servizio"

«In carcere comandano i detenuti» E ogni giorno feriscono tre agenti

In carcere comandano i detenuti

Dal 1° giugno è stato un crescendo di aggressioni contro la polizia penitenziaria. Tutta colpa dell’operazione «celle aperte» che lascia i reclusi liberi di circolare per otto ore.

Data di pubblicazione
3 Agosto 2017

di Maurizio Tortorella

[da La Verità del 2 agosto 2017] È cominciata un’estate d’inferno nelle prigioni. Il primo caso risale al 1° giugno: a Torino un agente è stato ferito da un detenuto italiano, in carcere per omicidio. Poi è accaduto che a Marassi, la prigione di Genova, il 7 e il 12 giugno ci siano state due risse tra africani, particolarmente violente, e ogni volta sono finiti al pronto soccorso anche gli agenti. A quel punto, come se nelle nostre 190 carceri si fossero passati la voce, è iniziato uno stillicidio d’aggressioni.

Paura nei blocchi

A Lecce, un recluso pakistano ha malmenato un compagno di cella e ha spedito in ospedale due poliziotti che cercavano di calmarlo. A Ferrara un ispettore capo è stato ferito da un detenuto armato di sgabello, e per punizione lo hanno anche trasferito. A Reggio Emilia 5 detenuti africani, non contenti di aver devastato i bagni di un area comune, hanno fabbricato coltelli rudimentali con cocci di ceramica e metallo, e li hanno usati per minacciare gli agenti della polizia penitenziaria: hanno desistito soltanto dopo 3 ore di trattativa. A Frosinone un detenuto straniero non ha gradito l’arrivo di un compagno di cella e così ha picchiato l”agente che ce l’aveva accompagnato.

 

A Verona cinque poliziotti sono finiti in ospedale per aver tentato di sedare una rissa tra detenuti albanesi e nordafricani: sono stati aggrediti, in nome di Allah. Risultato, un braccio rotto e contusioni varie. Altri casi di violenza sono avvenuti a Novara, Bari, Massa Carrara, Pisa, Velletri… Sembra una storia senza fine.

No, non troverete queste notizie sui giornali nazionali; tutt’al più trafiletti distratti nelle cronache locali. Eppure nelle carceri italiane aggressioni, risse, colluttazioni sono state decine e decine, negli ultimi due mesi. E a farne le spese, quasi sempre, sono stati gli agenti: «ormai, con una regolarità davvero impressionante, contiamo almeno due o tre feriti al giorno», dice alla Verità Donato Capece, storico segretario generale del Sappe, il sindacato autonomo della polizia penitenziaria.

L’emergenza, a sentire lui, è frutto soprattutto di politiche sbagliate: «È così. Da 4 anni, l’amministrazione penitenziaria ha disposto due operazioni che si sono rivelate fallimentari e pericolose. Ma è come se i vertici del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria non si rendessero conto della nostra reale situazione».

Responsabilità

I nomi delle due operazioni sono “celle aperte” e “sorveglianza dinamica”. La prima ha dato ai detenuti di “media sicurezza”, teoricamente i meno pericolosi, la libertà di circolare negli spazi comuni per 8 ore al giorno, una decisione che si spiega con la necessità per lo Stato italiano di fare fronte alle condanne della Corte europea dei diritti dell’uomo, che nel 2013 aveva censurato le dimensioni inadeguate delle nostre celle e ci aveva esposto al rischio di pesantissime sanzioni. La seconda operazione, secondo quanto spiega Capece, «ha di fatto eliminato i vecchi controlli diretti, che un tempo erano affidati ad almeno un agente in ogni sezione detentiva, per sostituirli con verifiche saltuarie affidate a pattuglie».

 

Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ammette l’escalation, ma la riconduce ad altri motivi: le aggressioni avverrebbero non tanto per “porte aperte”, quanto i momenti tipici e topici della vita in carcere, e cioè soprattutto durante le traduzioni dalla cella al tribunale e viceversa. Ma che le due novità potessero creare sacche di ingovernabilità nelle carceri ed esporre i poliziotti al rischio di violenze era stato paventato alla fine dello scorso giugno da alcuni senatori della Lega Nord: «Si è consegnato il mantenimento della “pax detentiva” ai detenuti» avevano scritto in un’interrogazione al ministro della Giustizia, Andrea Orlando, «e i detenuti, senza più controllo, adesso provvedono a garantirla con metodi e regole criminali in danno della restante popolazione carceraria, cui non resta che o subire tale supremazia o concorrervi con il metodo della filiazione».

Il quadro degli istituti di pena - I nemeri al 30 giugno 2017

  • Carceri attive: 190

  • Detenuti in totale: 56.919

  • Detenuti in più rispetto al 30 giugno 2016: 2.847

  • Capienza regolamentare: 50.241

  • Detenuti oltre la capienza regolamentare: 6.678

  • Detenuti stranieri: 19.432

  • Detenuti stranieri in percentuale sul totale: 34,14%

Morti e violenze dietro le sbarre (2016)

  • Tentati omicidi: 4

  • Suicidi: 39

  • Tentati suicidi: 1.011

  • Atti di autolesionismo: 8.586

  • Colluttazioni: 6.552

  • Ferimenti: 949

  • Decessi per cause naturali: 64

Evasioni e fughe (2016)

  • Evasioni da istituti penitenziari: 6

  • Evasioni da un permesso: 5

  • Evasioni da un permesso premio: 34

  • Evasioni da lavoro esterno: 23

  • Evasioni dalla semilibertà: 14

  • Mancati rientri da una licenza: 37

(Fonte ministero della Giustizia)

Oggi, un mese dopo, uno dei senatori leghisti si dice ancora più preoccupato della situazione, anche perché il Guardasigilli Orlando non ha mai risposto all’interrogazione: «Il sistema penitenziario», denuncia Tito Di Maggio, «pare sempre più fuori dal controllo della polizia e degli organi preposti. Per di più, ci risulta che l’operazione “porte aperte”, inizialmente prevista per un ristretto numero di detenuti, sia stata estesa alle sezioni di alta sicurezza, le stesse in cui finiscono anche detenuti declassati dal regime carcerario duro del 41-bis». Il Dap replica che in realtà si tratta di una sperimentazione, molto limitata e controllatissima.

Impunità

Capece scuote la testa, sembra davvero sconfortato: «È vero, hanno praticamente lasciato il carcere in mano ai detenuti. Soprattutto gli stranieri, che sono un terzo del totale, hanno capito velocemente che, da noi, la disciplina non esiste. Si sentono e sono impuniti, sanno che comunque vada non rischiano nulla. È anche per questo che aumentano non soltanto le violenze ma anche le evasioni, come mostra la doppia fuga appena venuta a Civitavecchia. Scappano di cella perché ci hanno tolto dalle mani la sicurezza, e la gente deve saperlo. Sono state tolte anche le sentinelle sulle mura di cinta delle carceri, e questo è gravissimo».

 

Il segretario del Sappe denuncia un rischio in più: e cioè che in questa situazione sia destinata ad aumentare anche la potenziale radicalizzazione dei detenuti di religione islamica: «Basta che un recluso particolarmente forte, nelle sue 8 ore di libertà di movimento, “lavori” bene nella testa di un suo collega più fragile. Chi lo tiene d’occhio, oggi?». Del resto, aggiunge Capece, le stesse statistiche carcerarie dimostrano che i controlli sono di per sè insufficienti, se è vero che ogni nove giorni un detenuto si uccide è che ogni 24 ore almeno altri tre tentano di farlo e vengono fermati in extremis, mentre ci sono 23 atti di autolesionismo.

«A creare questa situazione» sostiene Capece «hanno contribuito i tagli di spesa: noi agenti della polizia penitenziaria, sulla carta, dovremmo essere 41.253 e invece siamo soltanto 32.336. Ne mancano 8.917, più di uno su cinque. Per questo chiediamo aiuto al ministro Orlando: se c’è, batta un colpo, ci aiuti. Il blocco del turn over, in sette anni, ha lasciato invecchiare la nostra categoria, la cui età media oggi e sui 50 anni con problemi di tenuta fisica: facciamo turni teorici di otto ore, ma ci aggiungiamo 40-50 ore di straordinario mensile, retribuito con appena 10 euro lordi all’ora».

Spiccioli

Va detto che proprio lo scorso giugno il Ministero della Giustizia ha lanciato un bando per 400-500 nuovi agenti. «Ma non bastano nemmeno per cominciare a tappare i buchi» protesta il segretario del Sappe. Intanto si è appena iniziato a discutere del nuovo contratto di lavoro del comparto sicurezza, il settore di cui anche la polizia penitenziaria fa parte. «Purtroppo sta finendo in farsa anche questo» sorride amaro Capece. «Abbiamo iniziato a trattare, ma non sappiamo nemmeno di che risorse potremmo disporre. E si parla di un aumento di 30 euro netti mensili…».


Articolo pubblicato su La Verità del 2 agosto 2017, qui riprodotto integralmente per gentile concessione del suo autore Maurizio Tortorella, che ringraziamo.