Con la recente e rilevante pronuncia del Consiglio di Stato, per i militari colpiti da patologie tumorali si riconosce l’esistenza di un vero e proprio rischio professionale legato alle attività svolte in missioni internazionali o durante le esercitazioni nei poligoni. Ne deriva che il nesso causale tra servizio ed insorgenza della malattia deve essere considerato come presunto, con importanti conseguenze in termini di tutela dei diritti e di eventuali risarcimenti. Sarà quindi l’Amministrazione della Difesa, nel caso, a dover fornire la prova di una diversa origine della patologia.
1. La pronuncia del Consiglio di Stato
Con le sentenze nn. 12, 13, 14 e 15/2025, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha stabilito un principio di grande rilievo giuridico per i militari esposti a uranio impoverito o a nanoparticelle di metalli pesanti: nei casi di missioni all’estero o di servizio nei poligoni sul territorio nazionale, opera una presunzione relativa della sussistenza del nesso causale tra il servizio svolto e l’insorgenza di malattie tumorali. Di seguito i principali punti evidenziati da questa decisione:
- Rischio professionale specifico
L’art. 603 del Codice dell’Ordinamento Militare, come modificato dal decreto-legge n. 228/2010 (convertito nella legge n. 9/2011), viene interpretato come introduttivo di un rischio professionale specifico per quei militari che, in occasione del servizio, sono stati esposti a contaminanti pericolosi (uranio impoverito, nanoparticelle di metalli pesanti).
- Presunzione di nesso causale
La Plenaria afferma che, nei casi sopra menzionati, non è necessario che il militare dimostri con certezza scientifica il collegamento tra esposizione e malattia. Bensì, sussiste una presunzione iuris tantum (relativa) che agevola il riconoscimento della causa di servizio.
Tale presunzione può essere superata, ma solo se l’Amministrazione (Difesa) dimostra una specifica genesi extra-lavorativa della patologia. Questo ribalta in parte l’onere della prova: non è più (solo) il militare malato a dover provare il nesso, ma l’Amministrazione deve dimostrare il contrario.
- Giustificazione giuridica
Secondo la Plenaria, la scelta interpretativa non è solo tecnica, ma ha anche un valore finalistico: il legislatore ha inteso facilitare il riconoscimento della causa di servizio proprio per salvaguardare la salute di chi opera in contesti particolarmente rischiosi.
Viene riconosciuto che, sul piano scientifico, non esiste ancora un consenso unanime sull’eziologia precisa dei tumori in questione, ma l’incertezza non può rimanere un ostacolo insormontabile al risarcimento. Tuttavia la Plenaria fa comunque riferimento a studi epidemiologici e ad analisi istologiche depositate nei giudizi, che mostrano la presenza di metalli pesanti nei tessuti dei militari.
2. Cosa cambia ora?
I militari (attivi o in congedo) che hanno partecipato a missioni o sono stati impiegati in poligoni di tiro e che hanno sviluppato patologie tumorali o malattie gravi, possono vedere rafforzate significativamente le loro domande di riconoscimento di causa di servizio e risarcimento o indennizzo.
Va da sé che questo vale anche per le famiglie di militari deceduti: l’avvenuto riconoscimento della presunzione facilita le istanze presentate dagli eredi, perché il sistema ora dà loro un punto di partenza più favorevole.
Di contro l’Amministrazione della Difesa dovrà adeguare la sua strategia, raccogliendo prove più precise quando intende contestare la causa di servizio, dovendo dimostrare una genesi extra-lavorativa.
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