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La storia del maresciallo Antonio Brunetti, protagonista silenzioso della lotta al terrorismo

Maresciallo Brunetti

"Onorato di aver lavorato con Dalla Chiesa, abbiamo difeso il Paese nei suoi anni più bui". Intervista all'autore del libro memoria "I 31 uomini del Generale".

Data di pubblicazione
1 Ottobre 2019

Un piccolo grande pezzo di storia moderna risiede a Imperia e porta il nome di Antonio Brunetti. Il maresciallo dei carabinieri Brunetti, unica doppia medaglia d'oro vivente per il valore e come vittima del terrorismo, fu scelto nel 1974 dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa per far parte del suo nucleo speciale segreto contro le terribili Brigate Rosse

Nucleo composto da 31 uomini di cui Brunetti è ancora oggi prezioso testimone che ha collaborato in prima persona a innumerevoli azioni tra le quali l'arresto dei capi storici Renato Curcio e Alberto Francheshini.

Oggi il maresciallo, classe 1935, vive a Imperia e ha fatto della sua esistenza una continua testimonianza degli anni bui, quelli del terrorismo. Conserva in maniera ordinata e precisa ricordi, documenti, foto e soprattutto memoria dei suoi compagni, gli altri 30 uomini del generale che per quarant'anni hanno tenuto segreto il loro operato a difesa dello stato.

Parte di questo archivio unico è pubblicato nel libro dello stesso Brunetti: "I 31 uomini del Generale", una memoria di chi, come dice lui stesso, "…ha vissuto sulla propria pelle un periodo triste del nostro Paese".

Il maresciallo sta portando la sua testimonianza e il suo libro in giro per l'Italia. L'obiettivo è quello di continuare a raccontare e a fare partecipi tutti i possibili interessati alla storia, a una sua parte troppo spesso dimenticata o tralasciata nei programmi scolastici, ma che ha segnato profondamente l'Italia.

Siamo andati a trovare Brunetti e la moglie nella loro casa ricca, anch'essa, di storia e di riconoscimenti al maresciallo rilasciati dallo Stato italiano, da sua santità papa Giovanni Paolo II e anche dalla vicina Francia.

Brunetti aprendo il suo libro ci legge subito qualcosa d'importante, la scelta di devolvere tutti i proventi. A chi e perché?

"Ho voluto dedicare tutto il ricavato di questo mio libro, ovvero tutto quello che mi spetta come autore e che mi manda la casa editrice, all'ONAOMAC, associazione che si prende cura degli orfani militari dalla giovane età fino al conseguimento della laurea. Ho voluto inoltre dedicare il mio scritto a mia figlia Daniela, tragicamente scomparsa. In suo nome cerco di onorare questi figli che non hanno più i loro padri. Li seguiamo passo dopo passo fino alla maturità, alcuni di questi giovani entrano poi nell'Arma, nelle varie scuole se dotati ovviamente di determinate caratteristiche fisico attitudinali”.

"I 31 uomini del Generale", una storia complessa con tante sfaccettature, come la riassumerebbe?

"Dico questo: ritengo il mio libro importantissimo per i ragazzi. È importantissimo perché racconta la storia vissuta da un protagonista che ha occupato, dal primo all'ultimo giorno di servizio, una sedia molto scottante. Si spiega cosa è accaduto in un momento triste della storia del nostro Paese, ovvero gli anni bui, gli anni cosiddetti di piombo. Per poter scrivere una memoria, una parte storica importante, fatti vissuti da un protagonista bisogna vivere la vicenda altrimenti ciò che si scrive non è valido, secondo il mio modo di vedere".

31 uomini che hanno tenuto tutto segreto per circa quarant'anni…

"Sì assolutamente. Ora purtroppo non siamo più 31, molti non ci sono più e siamo rimasti circa 10. Di questi sono riuscito a contattarne 4, uno a Parma, uno a Reggio Emilia e due a Genova. Molti non vogliono più parlare di quel periodo triste della storia vissuto in prima persona, io invece ho voluto vincere questo stato d'animo per dare la possibilità ai nostri ragazzi, che sono molto interessati, di conoscere ciò che è accaduto. Non è vero che i giovani non seguono o altro, anzi è il contrario. Io personalmente ho tenuto e tengo conferenze in scuole medie, superiori e università e ho piacere di parlare con gli studenti così come mi accade con magistrati, avvocati, colleghi dell'arma e non solo per rendere loro noto cosa abbiamo passato. L'intento è che conoscendo ciò che è stato non si ripeta mai più nulla di simile, guai sarebbe la fine. Io ho visto troppo sangue sulle nostre strade, tante famiglie piangere e tanti bambini che hanno perso i genitori".

Il suo racconto farà parte del Premio letterario Piersanti Mattarella 2019, una soddisfazione in più?

"Sono veramente onorato che il mio libro sia stato preso in considerazione da questo importante premio letterario Piersanti Mattarella. Sono molto legato a Piersanti Mattarella perché il suo riconoscimento è suffragato da una legge, la 206 del 2004, che riguarda le vittime di terrorismo e di mafia ed è la stessa che è stata riconosciuta a me. Per me poter essere stato incluso nel Premio Mattarella è un qualcosa di altissimo perché mi ha fatto rendere conto che non tutte le persone hanno dimenticato i protagonisti della storia. Sono felice inoltre di aver ricevuto pochi giorni fa una lettera del capo dello stato che si onora di scrivere a una persona che ha partecipato a uno dei servizi più importanti della nostra storia".

 


Ringraziamo Lorenzo Bonsignorio e ImperiaNews.it per averci concesso l’opportunità di condividere questo lavoro. L’articolo è stato pubblicato su ImperiaNews del 11/08/2019 ed è consultabile direttamente sul sito della testata a questo link