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Coronavirus. Medici e sanitari sono già tutelati dalla normativa sulle vittime del dovere

L’epidemia da coronavirus ha messo a dura prova ogni ambito della nostra società, dalle Istituzioni al privato cittadino. Ma se c’è una categoria più esposta di altre all’emergenza è certamente quella sanitaria. Dottori, infermieri e tutto il personale impiegato in studio, in ospedale, al pronto soccorso e in clinica sono costantemente sottoposti a turni massacranti con livelli di tensione psicofisica inediti persino per una professione notoriamente stressogena come quella medica. A ciò si aggiunge anche il rischio del contagio da Covid-19.

La domanda che tutti si pongono è: quale sarà il prezzo da pagare quando l’emergenza sarà finita? Quale il bilancio dei contagiati e dei deceduti tra i professionisti della sanità? Quali le conseguenze fisiche e psicologiche a lungo termine di una prova tanto logorante?

In rete e sui giornali circolano le opinioni più disparate, ma è univoca la richiesta al Governo affinché assicuri le tutele necessarie ai molti che subiranno le conseguenze più aspre di questa terribile pandemia. In particolare associazioni, sindacati, movimenti d’opinione, comuni cittadini e persino rappresentanti delle Istituzioni invocano l’estensione a medici e infermieri delle tutele riservate alle Vittime del dovere

Il nostro Studio è da sempre impegnato in un’opera di divulgazione su questa materia e riteniamo sia nostro compito fornire tutte le informazioni in merito, a beneficio dei sanitari e dei loro familiari.

È necessario chiarirlo subito: queste tutele ci sono già.

Che cosa dice la legge

Conviene in primo luogo sgomberare il campo da equivoci: la legge di riferimento in materia di Vittime del dovere e di soggetti ad esse equiparati è la numero 266/05, che all’articolo 1, ai commi 563 e 564, indica i destinatari dei benefici economici e assistenziali nonché le condizioni che ne giustificano l’erogazione. 

Come illustreremo più chiaramente in seguito, tutti i sanitari e i loro collaboratori impegnati nell’emergenza coronavirus, compresi i lavoratori e i volontari di ditte o cooperative esterne, rientrano già tra i soggetti tutelati dalla legge

E i benefici loro riservati sono giustamente rilevanti. Tra questi, una speciale elargizione fino a 200.000 € una tantum in base alla percentuale di invalidità maturata e assegni mensili vitalizi per un ammontare di oltre 1.900 euro per la Vittima con invalidità minima del 25% o, nel caso di decesso, per ciascuno dei familiari superstiti.

Certo, per averne diritto è necessario che si concretizzino i requisiti previsti dalla legge.

In primo luogo è vittima del dovere o equiparato chi decede o riporta invalidità permanenti di natura fisica o psicologica a causa del servizio. Nello specifico, il decesso o l’invalidità a seguito del contagio da coronavirus, ma anche le infermità conseguenti a traumi (per esempio conducendo un mezzo motorizzato in soccorso) o il maturare, anche a emergenza finita, di patologie croniche (sindrome da stress post-traumatico) dovute alle straordinarie condizioni a cui gli operatori sanitari sono sottoposti in questo periodo.

In secondo luogo bisogna che il loro operato rientri in una delle ipotesi di servizio codificate al comma 563 dell’art. 1, L 266/05, e il soccorso pubblico rientra tra queste. 

È pacifico che tutti gli operatori della sanità, dai camici bianchi ai volontari che operano negli ospedali o sul territorio, per esempio sui mezzi della Protezione Civile o sulle autoambulanze, stiano prestando un servizio di pubblico soccorso, contrastando un’epidemia che mette a rischio la salute e l’incolumità dei cittadini.

Al già citato comma 564 (equiparati a vittima del dovere), una norma volutamente aperta per includere tra i beneficiari delle medesime tutele anche i soggetti deceduti o rimasti invalidi in ipotesi diverse da quelle previste dal comma 563, si introducono due concetti che sono essenziali per comprendere la ratio dello status di Vittima. 

Il primo è quello di “missione di qualunque natura”, che la più recente giurisprudenza ottenuta dal nostro Studio definisce come qualsiasi “compito”, “funzione”, “incarico”, “incombenza”, “mandato” o “mansione” comandata da un’autorità sovraordinata.

Per ottenere i benefici, cioè, l’individuo deve aver svolto un compito che gli è stato affidato da un superiore.

È ovvio che il medico e l’infermiere, ma anche l’operatore socio sanitario o il volontario non stiano operando su libera iniziativa, ma nel quadro di un coordinamento in seno alla relativa organizzazione di appartenenza. Dunque anche questo requisito viene rispettato.

Il secondo concetto dirimente è quello delle “particolari condizioni ambientali o operative” nelle quali l’interessato ha svolto il proprio servizio: è necessario che queste comportino rischi maggiori rispetto a quelli ordinariamente connessi al proprio compito.

Ebbene, è evidente che il contesto nel quale tutto il comparto della Sanità sta operando sia straordinario, emergenziale. Ognuno sta facendo l’impossibile, in condizioni proibitive.

Anche questa condizione è, quindi, certamente rispettata.

I benefici riservati alle vittime del dovere e agli equiparati sono gli stessi. Il comparto sanitario, dunque, risulta assolutamente tra i destinatari dei benefici economici e assistenziali previsti dalla speciale normativa. 

Questioni di bilancio

Fin qui sembra tutto lineare e pacifico: in presenza dei requisiti sopra elencati, gli operatori sanitari o i loro familiari superstiti potranno ottenere i benefici cui hanno diritto. Le cose, però, all’atto pratico potrebbero andare diversamente. 

Sono stati necessari anni di battaglie legali per ottenere un’equa distribuzione delle provvidenze previste dalla legge: il più delle volte, la Pubblica Amministrazione ha privilegiato l’equilibrio di bilancio, respingendo così centinaia di domande benché fondate e ben documentate. E quando le ha accolte, la valutazione percentuale delle invalidità è stata piuttosto restrittiva, con ogni negativa conseguenza sui benefici di legge erogati. 

Solo la via giudiziale, ossia il ricorso al tribunale ha consentito ai legittimi beneficiari di ottenere ciò che effettivamente loro spettava.

È chiaro che l’impatto dell’emergenza coronavirus potrà avere un effetto notevole anche sulle finanze pubbliche e sarà dunque tutt’altro che automatico vedersi riconoscere tutti i benefici connessi allo status di Vittima del dovere o di equiparato.

Va detto però che finora, anche durante questo periodo pandemico, i vari decreti legge che si sono succeduti hanno sempre espressamente fatto salvi i capitoli di spesa relativi alle prestazioni assistenziali, previdenziali, pensionistiche e indennitarie.

Si può dunque confidare che dinanzi ai sacrifici di questa nuova categoria di eroi, le Amministrazioni non assumano odiose prese di posizione, ma riconoscano pacificamente i loro giusti meriti.